I sì e i no di ciuccio, biberon e di tutte le abitudini viziate

Matteo, sei anni, va dalla logopedista perché ha la “s di pezza”. Nel colloquio iniziale, la mamma racconta che il bambino prende ancora il latte dal biberon: “Ma sa, dottoressa, soltanto la mattina, per sbrigarci prima.. dobbiamo uscire di corsa per andare a scuola, in fondo ci mette un minuto,  con  il buco largo largo…”. 

L’ortodontista invia Andrea, otto anni, per iniziare la terapia logopedica miofunzionale: ha già fatto il trattamento per espandere il palato, che era ogivale, ma non posiziona bene la  lingua né a riposo né quando deglutisce, oltre a interporre la lingua tra i denti quando parla. Il bambino ha tenuto il pollice in bocca fino a sei anni e mezzo, e mostra il classico “morso aperto” (a denti chiusi è presente un’apertura fra incisivi superiori ed inferiori).

Ludovica, tre anni e mezzo, arriva perché parla poco. Il papà riferisce che la bambina passa molte ore al giorno con il succhiotto che la tiene tranquilla, “altrimenti piange, è nervosa e fa i capricci”.

Queste storie – potremmo dire di “ordinaria logopedia” – sono veramente frequenti. Molti genitori, nell’usare il ciuccio e il biberon, che hanno la loro indubbia utilità nei primi anni di vita del bambino, non sanno effettivamente quante e quali conseguenze possono essere provocate da un loro uso protratto oltre i ragionevoli tempi, solo in virtù della “comodità”. 

Quando si parla di ciuccio, biberon e dei loro effetti collaterali, emergono tante teorie, le più disparate, e tante prese di posizione, più o meno fondate. Le decisioni spesso si prendono – o non si prendono – sulla base dei “sentito dire” e non di ragioni basate sulle conferme che ci arrivano dalla scienza.

Indubbiamente il ciuccio, il biberon, il pollice e le altre abitudini viziate dell’infanzia sono mezzi di “riappacificazione” (come ci dice la parola inglese per succhiotto, pacifier) e distensione. Essi possono contribuire alla serenità del bambino ed essere quindi serenamente usati, a patto che vengano utilizzati con la giusta consapevolezza ed eliminati nei tempi corretti.

Quali sono le abitudini viziate (o vizi orali) dell’infanzia?

Le abitudini viziate, altrimenti note come vizi orali sono: 

  • Succhiamento delle dita
  • Uso prolungato del ciuccio 
  • Uso prolungato del biberon
  • Uso di tazze o bottigliette con il beccuccio
  • Lapisfagia (abitudine a mordere penne e  matite)
  • Onicofagia (abitudine a mordere le unghie).

Tra tutti i fattori di tipo ambientale, esse influenzano in maniera determinante l’accrescimento del volto e lo sviluppo dell’apparato dentale.

Il succhiamento del ciuccio o del dito sono abitudini estremamente frequenti nel bambino: interessano infatti il 75% -95% della popolazione in età infantile. 

La funzione della suzione si instaura molto precocemente, già in epoca prenatale, tra la 17° e la 32° settimana di vita intrauterina. L’abitudine al succhiamento nei primi anni di vita del bambino può essere considerata una fase fisiologica dello sviluppo neuro-motorio, e tende ad esaurirsi spontaneamente, entro i primi tre anni di vita. Se persiste oltre, può essere interpretata come un comportamento regressivo, legato ad alterazioni della sfera affettiva, o come un sintomo di nevrosi derivante da situazioni psicologicamente indesiderabili e/o da gravi stress, oppure può rappresentare più semplicemente una risposta comportamentale appresa.  

A volte, infatti, sono i genitori stessi che offrono il succhiotto al bambino per evitare capricci o piagnucolii; così come protraggono l’abitudine di far bere ai loro figli il latte dal biberon perché “lo bevono tutto, senza sporcare, in tempo minore”. E poi smettere diventa sempre più difficile, man mano che il bambino cresce…

Rispetto al succhiotto ancora più problematico, in quanto meno controllabile dal genitore, è il succhiamento del dito, abitudine che può perdurare in un numero elevato di bambini, soprattutto di sesso femminile,  anche fino agli undici anni. 

Cosa succede se si protrae l’uso del succhiotto e del biberon oltre i giusti tempi?

Bisogna pensare che la bocca è un sistema complesso di muscoli e ossa in costante equilibrio tra loro, e che la lingua – il muscolo più forte del nostro corpo in proporzione al suo volume – lavora costantemente: quando parliamo, quando mangiamo e anche quando dormiamo, permettendoci di ingoiare la saliva a intervalli regolari. 

Ogni giorno effettuiamo in media circa mille deglutizioni e, a ogni deglutizione, la lingua esercita sul palato una forza compresa tra i 700 grammi e i 3 chilogrammi! Il funzionamento fisiologico permette a questo potente muscolo di modellare il palato e predisporre all’equilibrio muscolare facciale. Proprio come una goccia d’acqua può scavare nel tempo la roccia, la lingua, se non è in posizione corretta, può rompere l’equilibrio di tutto il sistema, e  le conseguenze sono tante. 

I vizi orali obbligano la lingua a stare più bassa nel cavo orale, e anche l’uso del biberon per pochi minuti al giorno porta all’automatizzazione di questa postura scorretta. 

Dieci buoni motivi per togliere ciuccio, biberon e dito entro i tre anni

  1. Il bambino può abituarsi a respirare dalla bocca, il che comporta:
  • minore ossigenazione del cervello
  • maggiore irritabilità
  • affaticamento a livello attentivo, minore concentrazione.
  1. Il palato, che non viene espanso dalle pressioni della lingua, può assumere una conformazione ogivale (alta e stretta) e non lasciare il giusto spazio per i denti definitivi.
  2. La predisposizione alle malocclusioni può aumentare: si realizza una errata chiusura delle arcate dentarie, che richiede interventi ortodontici e logopedici integrati spesso di lunga durata.
  3. Aumenta infatti la probabilità di avere uno squilibrio muscolare orofacciale (S.M.O.F.) con deglutizione deviata: la lingua spinge contro i denti o si interpone tra di essi, agendo come forza di impedimento (mancata eruzione dei denti permanenti) o come forza di spostamento (sventagliamento dei denti). Inoltre la masticazione non è adeguata.
  4. Il bambino può avere difficoltà nella pronuncia di alcuni suoni del  linguaggio, in particolare s e z, che produce con interposizione linguale.
  5. La probabilità di soffrire di otiti, cioè di infezioni dell’orecchio, può aumentare perché, deglutendo con la lingua in posizione scorretta, non si contrae bene il muscolo che apre la tuba permettendo la ventilazione dell’orecchio medio.
  6. Maggiore diventa anche la probabilità di avere apnee notturne, soprattutto se il bambino soffre di ipertrofia tonsillare e adenoidea.
  7. Aumenta la predisposizione ad aerofagia e senso di gonfiore, perché si ingerisce costantemente aria quando si deglutisce in maniera scorretta.
  8. Aumenta anche la predisposizione a problemi posturali, in quanto quando la lingua non è al posto giusto durante la deglutizione il capo e il baricentro del corpo si spostano in avanti.
  9. Negli anni  aumenta la probabilità che si verifichino discopatie, protrusioni o ernie del tratto cervicale come compenso che il collo a ogni deglutizione è costretto a fare.

Concludendo…come fare?

Ogni bambino è unico e irripetibile, e solo i genitori sono gli unici che con la loro sensibilità possono interpretare le necessità profonde dei loro figli.

La suzione prolungata di ciuccio, biberon, pollice e altri vizi orali può essere causa di tanti problemi che spesso richiedono interventi complessi, lunghi e costosi. 

Sapendo che eliminare precocemente un vizio orale può determinare il ritorno a condizioni fisiologiche normali  ed evitare l’instaurarsi di danni permanenti, consigliamo a tutti i genitori:

  • di privilegiare ove possibile l’allattamento al seno, che oltre ai numerosi vantaggi nutrizionali, riduce il rischio di acquisire vizi orali di suzione; il ciuccio dovrebbe essere comunque proposto soltanto dopo i tre mesi di vita, quando l’allattamento al seno è bene avviato;
  • di usare il ciuccio – anche entro i tre anni – con giudizio e moderazione, evitandone un uso libero durante la giornata;
  • di cominciare in modo consapevole a ridurre gradualmente l’offerta di ciuccio e biberon, abituando il bambino a bere il latte e gli altri liquidi dal cucchiaino, dalla tazza o dal bicchiere. L’uso della tazza con il beccuccio è possibile solo per un breve periodo, nel momento della transizione;
  • di preparare emotivamente il bambino al distacco,  spostando la sua attenzione su altri piccoli oggetti a cui è affezionato: un peluche, un capo di vestiario della mamma, ecc.
  • di effettuare una corretta valutazione sia ortodontica che logopedica nei bambini che presentano vizi orali entro e non oltre i tre anni

Mentre l’ortodontista infatti si occupa della valutazione e del trattamento dei corretti rapporti occlusali dei denti e delle basi ossee (la cosiddetta “forma”), il logopedista invece è il professionista laureato che – in virtù della sua formazione universitaria e delle competenze specifiche acquisite nell’ambito delle funzioni orali – si occupa della valutazione e del trattamento dello squilibrio muscolare oro facciale (la “funzione”), con la Terapia Miofunzionale. 

E’ competenza del logopedista assistere e supportare il genitore, con la sua consulenza, nel percorso  – spesso difficile – che porta all’abbandono delle abitudini viziate.

Dott.ssa Paola Montoro – logopedista e counselor

Dott.ssa Raffaella Sisti – logopedista

Associazione Paroleincerchio – Studio di Logopedia